Arch. Danilo Turato VENEZIA. Non sono spiantati come Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni nel film “I soliti ignoti” ma restano la banda del buco. Un signor buco, quello del Palacinema del Lido: uno sbancamento ripristinato, un nulla di fatto costato 36 milioni di euro, pagati da voi che state leggendo. Questo vergognoso esempio di spreco è raccontato da Sergio Rizzo e Giancarlo Carnevale, ex preside di architettura, in 8 terrificanti minuti, registrati su Youtube il 3 giugno scorso. Provate ad ascoltarli. Molto prima, il 27 giugno 2011, l’aveva denunciata Francesco Giavazzi. La vicenda è nota ma il processo Mose può far emergere aspetti nuovi, adesso che il responsabile unico del procedimento, l’architetto Danilo Turato, è davanti ai giudici nell’udienza preliminare. Turato non è indagato per il Palacinema – né lui né altri, stranamente la magistratura non ci ha mai ficcato il naso – ma perché ha diretto i lavori di restauro a Villa Rodella. Pagato non dal proprietario Giancarlo Galan ma da un imprenditore che non aveva neanche le maestranze impegnate nei lavori, Piergiorgio Baita. Il quale con giri diversi si approvvigionava dal Mose. Una mano lavava l’altra, come sappiamo. Se la Mantovani non mandava operai a Villa Rodella, di chi erano le maestranze che ci lavoravano, visto che Turato ha solo uno studio professionale ma nella parcella pagata da Baita era tutto compreso? Nessuno l’ha accertato. E nessuno l’accerterà mai, se l’architetto, una volta rinviato a giudizio, dovesse scegliere il rito abbreviato: il procedimento è a porte chiuse. Quando Turato finisce ai domiciliari, il 4 giugno 2014, la sorpresa tra i suoi colleghi è notevole: è un professionista molto considerato, ha diretto per anni la rivista dell’Ordine di Padova, ha firmato progetti importanti (la “Nave de vero” di Marghera è sua). Il nesso con il Palacinema, ripetiamo, non […]