Mentre Matteo Renzi prepara il funerale dell’Imu sulla prima casa, il suo ex braccio destro Graziano Delrio, nella attuale reincarnazione di ministro delle Infrastrutture, ha già celebrato le solenni esequie dellaOrte-Mestre, contanto di petali di asfalto lanciati dall’elicottero. Il promotore della più grande delle grandi opere, Vito Bonsignore, ancora non ci crede. Dopo dodici anni di pressioni lobbistiche, il sogno di costruire la grande arteria da 10 miliardi è definitivamente svanito. Delrio ha deciso infatti di non riproporre al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) il progetto dopo che per due volte la Corte dei Conti ha ricusato le delibere del Cipe, sponsorizzate nel 2013 e nel 2014 dall’ex ministro Maurizio Lupi e dal ministro ombra Ercole Incalza. Le delibere, senza il visto della Corte dei Conti, non sono perfezionate, quindi è come se non fossero mai esistite. La decisione di Delrio è un segnale inquietante per i tifosi del project financing, la geniale idea di Incalza: l’opera pubblica autofinanziata dal privato che poi si ripaga dei pedaggi. Le recenti traversie della Brebemi, la Brescia-Bergamo-Brescia tutta privata che a un anno dall’inaugurazione lo Stato ha dovuto rifinanziare, hanno dimostrato al team di Delrio che il project financing all’italiana è un imbroglio. Nei contratti c’è sempre la clausola miracolosa: se per caso i conti non tornassero, toccherà allo Stato ripianare. Insomma, i guadagni ai privati, le perdite ai contribuenti. Una costosa usanza a cui Delrio mette fine almeno nel caso della Orte-Mestre grazie al privilegio di aver potuto leggere il piano economico-finanziario presentato da Bonsignore, che è segretato per legge ma che verosimilmente contiene la previsione di ampie garanzie statali sui profitti privati. La Orte-Mestre doveva costare 9,7 miliardi, di cui 7,8 messi dai privati e 1,9 dallo Stato. Date le condizioni della casse pubbliche, nel 2013 il progetto […]