L’articolo di Laura Larcan, pubblicato con questo titolo il 18 febbraio 29013 su “Il Messaggero”, descrive l’importante ritrovamento archeologico fatto a Roma in una tomba etrusca scoperta in via Alfredo D’Avack all’altezza dell’incrocio con via della Giustiniana, nel Parco di Veio, lungo il tracciato della antica via Veientana. ROMA – Il soffitto della tomba «a camera» del VII secolo a.C. appariva crollato. E i vasi dei corredi funerari erano ridotti ad un cumulo di macerie. Forse è per questo che i tombaroli a caccia di tesori nell’Etruria l’avevano risparmiata dalle razzie. Ma è dal quel cimitero di frammenti, che popolava insieme ad altre sette tombe la necropoli riemersa in via Alfredo D’Avack, sulla via Veientana, a circa venti chilometri da Roma, che l’equipe della Soprintendenza ai beni archeologici di Roma guidata da Daniela Rossi ha fatto la scoperta più straordinaria di sempre nello studio della navigazione antica, etrusca e italica. Un vaso, un «kantharos», ricomposto come un puzzle di mille pezzi, su cui è incisa l’immagine di una nave. «È la più importante rappresentazione di una nave del mondo antico, perché è la prima volta che troviamo una raffigurazione di quest’epoca così complessa. Una nave che ha caratteristiche proprie della navigazione su mare», racconta Daniela Rossi. Una scoperta che rivoluziona la storia di Veio, centro dell’Etruria meridionale che sorgeva nella valle del Tevere. «Il tema che fino ad oggi ha diviso gli storici è se Veio avesse mai navigato sul mare – riflette la Rossi – Tutti sono concordi nel ritenere che in questo importante centro fosse in uso la navigazione su fiume, ma che fosse una grande potenza del mar Tirreno era ancora un’ipotesi tutta da verificare». Il «vaso principe della tomba 3 di via D’Avack», come ormai lo chiamano gli archeologi, cambia le carte in gioco. […]