Il seguente articolo di Fabrizio Bottini è stato pubblicato il 26 giugno 2015 su “Eddyburg” con questo titolo e la seguente premessa: “Ettari di asfalto desolatamente vuoti attorno a Expo, frutto di calcoli sbagliati e stupidi, su comportamenti collettivi previsti che non si sono verificati. Riconoscere l’errore e correggerlo?”. È una critica impietosa e pienamente condivisa da VAS del passaggio «virtuoso» dal mezzo pubblico al mezzo privato lubrificato addirittura con soldi pubblici. Fabrizio Bottini Negli anni ’70 girava molto lo slogan «il personale è politico», di cui una delle più concrete interpretazioni, al netto di qualunque legittima divagazione filosofica, suona più o meno: quel che faccio e sento io, è già almeno in nuce qualcosa di grande, collettivo, di interesse comune. Cosa del resto ben nota a chi sviluppa strategie di mercato, perché gira e rigira se al cliente il prodotto proprio non va giù, hai voglia parlare di grandi rivoluzioni, principi generali, mutamenti epocali. Qualcosa del genere succede da sempre col prodotto-processo-immaginario per eccellenza del ‘900, l’automobile privata, privata certamente nell’essere una specie di prolungamento di nostri desideri, appendice funzionale assai simile al guscio di una lumaca o di una tartaruga, ma in grado di proiettarsi nella sfera «politica» al punto da condizionare tutto lo spazio, le leggi, le aspirazioni, anche di chi non ci ha proprio a che fare col trabiccolo in sé. Certo che, se la cosa vale secondo un certo percorso, deve automaticamente valere anche per la direzione opposta: si incrina lievemente qualcosa nella soggettività, nella sensibilità personale, e cominciano ad apparire grosse crepe anche in alcuni solidi «grandi principi condivisi» che sin qui hanno dominato senza discussioni. Con l’automobile, lo sappiamo, si è plasmato non solo il territorio, ma si sono costruiti sedimentati interessi, e aspettative di enormi dimensioni. Quando si incrina il legame […]