L’articolo di Paolo Fior, pubblicato con questo titolo il 30 maggio 2015 su “Il Fatto Quotidiano”, pone l’accento critico sul bando di gara dell’AMA ed è servito da spunto per la dichiarazione altrettanto critica di Massimo Piras sull’Ecodistretto di Rocca Cencia. Da infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale che attuano “un sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti urbani e assimilati”, a impianti che operano in aperta competizione tra loro, del tutto svincolati da una logica di sistema e asserviti puramente a quella dell’interesse economico. È bastato un bando di gara a far naufragare anche l’ombra delle “buone intenzioni” di cui è ammantato l’articolo 35 dello Sblocca Italia: razionalizzare la gestione dei rifiuti urbani, puntare all’autosufficienza, prevenire l’apertura di ulteriori procedure d’infrazione. Il decreto attuativo più importante – quello con cui presidenza del Consiglio e ministero dell’Ambiente avrebbero dovuto individuare la capacità di incenerimento dei rifiuti degli impianti in esercizio e quella da realizzare per coprire il fabbisogno residuo – non si è ancora visto (e sono passati 200 giorni dalla conversione in legge dello Sblocca Italia). In compenso è arrivato appunto il bando di gara con cui Ama Roma, l’azienda romana dei rifiuti, “offre” sul mercato poco più di 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani residui. Il contratto è di quattro anni e la base d’asta è di 140 euro a tonnellata tutto compreso, anche il trasporto. Sarà interessante capire chi e a quanto si aggiudicherà la gara al ribasso, perché è evidente che nel Far West Italia, più che razionalizzare la gestione dei rifiuti, si è scelta ancora una volta la strada del “laissez faire“, dove a vincere non è detto che siano gli operatori più efficienti. Quello che è sicuro è che milioni di tonnellate di rifiuti correranno per tutta la Penisola, magari per poi […]