Chi ha paura di Vandana Shiva?

Articolo di Manilo Masucci pubblicato con questo tit9olo il 14 ottobre 2014 su “Il Manifesto”.

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 Vandana Shiva

Anche in Ita­lia si sta svol­gendo un ser­rato e avvin­cente dibat­tito intorno al tema degli ogm a cui stanno par­te­ci­pando per­so­na­lità di spicco del mondo acca­de­mico, della poli­tica e del set­tore prin­ci­pale di rife­ri­mento che è quello agri­colo. 

È impor­tante rico­no­scere l’utilità del dibat­tito e il valore delle posi­zioni di tutti gli attori coin­volti. 

In molti casi, come ha soste­nuto giu­sta­mente Carlo Petrini, le posi­zioni dei cosid­detti sta­ke­hol­ders, i por­ta­tori di inte­ressi, riman­gono nella penom­bra come è il caso delle stesse mul­ti­na­zio­nali che molto volen­tieri si sot­trag­gono al dibat­tito pub­blico, inte­res­sate come sono mag­gior­mente ad occu­parsi di influen­zare diret­ta­mente la poli­tica attra­verso le loro lobby piut­to­sto che infor­mare i cit­ta­dini. 

In molti altri casi, come quello del New Yor­ker, il dibat­tito scade a livello di attac­chi per­so­nali, sospetti, illa­zioni, velate e non, nei con­fronti di uno dei rap­pre­sen­tanti più signi­fi­ca­tivi del movi­mento ambien­ta­li­sta glo­bale: Van­dana Shiva[vedi http://vasonlus.it/?p=7790#more-7790]

Un dibat­tito, in cui ognuno mette a dispo­si­zione dell’opinione pub­blica la pro­pria diretta espe­rienza e cono­scenza, è invece utile alla vita demo­cra­tica dei paesi.

Nav­da­nya signi­fica nove semi e la fon­da­zione, diretta da Van­dana Shiva, si occupa pre­va­len­te­mente di rico­no­scere, tute­lare e valo­riz­zare il patri­mo­nio semen­tiero tanto impor­tante per l’umanità quanto la dispo­ni­bi­lità di acqua. 

La que­stione degli ogm è dun­que una que­stione che potremmo defi­nire come “aggre­gata” alla mis­sion prin­ci­pale dell’associazione ed è trat­tata pro­prio dal punto di vista della difesa della biodiversità. Gli ogm non sono i soli nemici della nostra bio­di­ver­sità, che negli ultimi anni è stata erosa in maniera quasi irre­pa­ra­bile, ma, in que­sta sede, è utile discu­tere pro­prio del loro impatto sulle nostre vite e su quella del pia­neta. 

La prima cosa da sot­to­li­neare è que­sto inte­res­sante rife­ri­mento al para­digma scien­ti­fico. 

Chi è a favore degli ogm è in linea con l’evoluzione scien­ti­fica, un pro­gres­si­sta; chi non lo è, diventa invece un retro­grado, un con­ser­va­tore. 

Que­sta visione mani­chea pre­senta aspetti paradossali.

Gli ogm sono stati dap­prima intro­dotti negli Usa secondo il cosid­detto prin­ci­pio della “sostan­ziale equi­va­lenza”.

In altre parole, se un’invenzione è sostan­zial­mente equi­va­lente a qual­cosa di già esi­stente non ha biso­gno di par­ti­co­lari spe­ri­men­ta­zioni e può essere lan­ciata sul mer­cato. 

A pen­sarci bene è la stessa tesi espressa dal pro­fes­sor Vero­nesi

Il dna ha una strut­tura estre­ma­mente sem­plice che può essere facil­mente mani­po­lata senza neces­sità di pre­oc­cu­parsi più di tanto. 

Ora, que­sto approc­cio all’americana all’esistente, e soprat­tutto al com­mer­cia­bile, non è accet­tato dall’Unione Euro­pea dove vige il prin­ci­pio di pre­cau­zione. 

In altre parole, se un’azienda inventa un nuovo pro­dotto deve essere dimo­strato che non è nocivo prima di essere immesso sul mer­cato. 

La posi­zione dell’Ue è chiara: non esi­stendo un con­senso scien­ti­fico, gli ogm non pos­sono essere dichia­rati sicuri. 

Nel dub­bio, vige il prin­ci­pio di pre­cau­zione che dovremmo difen­dere per­ché pro­tegge le nostre vite da inven­zioni che sono spesso più indi­riz­zate a fare pro­fitti sul mer­cato piut­to­sto che per­se­guire il bene comune.

Ogni parte porta, d’altro canto, le sue argo­men­ta­zioni a riguardo. 

Anche Nav­da­nya ha pub­bli­cato un rap­porto sull’argomento rac­co­gliendo gli studi di mol­tis­simi ricer­ca­tori che dimo­strano la noci­vità degli ogm

Vi sono nel mondo studi simi­lari che dimo­strano l’esatto con­tra­rio.

L’Ue ha con­cluso che non esi­ste pos­si­bi­lità di dichia­rare gli ogm sicuri fuori da ogni ragio­ne­vole dub­bio. 

Ed ha appli­cato il prin­ci­pio di pre­cau­zione per sal­va­guar­dare i suoi cit­ta­dini. 

La pole­mica sugli ogm com­prende anche que­sto sacro­santo prin­ci­pio. 

Allora viene da pen­sare: è forse un caso che que­sta pole­mica viene inne­scata durante le con­sul­ta­zioni segrete per l’approvazione del Ttip, il trat­tato com­mer­ciale fra Usa e Ue che, guarda caso, ha fra i suoi obiet­tivi pro­prio quello di sba­raz­zarsi del prin­ci­pio di pre­cau­zione euro­peo?

[Il trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (in inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) o zona di libero scambio transatlantica (Transatlantic Free Trade Area, TAFTA), è un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America. A unire Matteo Renzi e Giorgio Squinzi c’è anche la volontà di accelerare quanto prima la chiusura del negoziato sul Ttip, il trattato di libero scambio commerciale tra le due sponde dell’Atlantico di cui s’è discusso il 14 ottobre 2014 a Roma in un evento organizzato dal ministero dello Sviluppo economico e dalla presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea. Ndr. ]

 Immagine.Stop TTIP

È forse un caso che le mul­ti­na­zio­nali dell’agribusiness siano i mag­giori lob­bi­sti per l’approvazione dell’accordo? 

Come pos­siamo allora costruire un’opinione razio­nale e con­di­visa su que­sto argo­mento? 

Soprat­tutto quando i pro­mo­tori degli ogm ci dicono che la nuova tec­no­lo­gia potrebbe rap­pre­sen­tare la pana­cea di ogni male al mondo?

Uno degli aspetti che sem­bra man­care nell’analisi di Vero­nesi è quello della con­te­stua­liz­za­zione, quasi che il mondo finisse sulla soglia dei labo­ra­tori. 

Gli ogm non ven­gono fuori dal nulla, o per nes­sun motivo. 

Non sono libe­ra­mente a dispo­si­zione di tutti e la loro appli­ca­zione, al di là della dia­triba scien­ti­fica, com­porta con­trac­colpi ambien­tali, eco­no­mici e sociali note­voli. 

Pos­siamo allora dire con sicu­rezza che i semi e i pro­dotti ogm nel campo dell’agricoltura hanno un impatto deva­stante sul set­tore. 

Gli ogm sono infatti pro­prietà delle mul­ti­na­zio­nali che, attra­verso la loro immis­sione sul mer­cato, rimo­del­lano i sistemi agri­coli di tutto il mondo. 

A farne le spese sono i pic­coli pro­dut­tori che con le loro col­ture tra­di­zio­nali non pos­sono tenere il passo delle pro­du­zioni indu­striali sov­ven­zio­nate. 

Con i metodi di col­ti­va­zione inten­siva la neces­sità di mano­do­pera viene inol­tre ridotta. 

Non i pro­fitti però. 

Cosa suc­cede agli agri­col­tori nel frattempo?

Quello che è acca­duto in Sud Ame­rica e in India è, per esem­pio, emble­ma­tico. 

Cen­ti­naia di migliaia di per­sone si muo­vono dalle cam­pa­gne alla città andando ad ingol­fare fetide barac­co­poli. 

In altre parole, il rischio è quello di ali­men­tare il sistema dei grandi lati­fondi e inon­dare le città con una massa di dispe­rati. 

Un danno eco­no­mico, sociale e anche cul­tu­rale con­si­de­rando la per­dita delle anti­che cono­scenze di cui le popo­la­zioni rurali sono depo­si­ta­rie.

La favola che gli ogm pos­sano rispon­dere al pro­blema della fame nel mondo e del sovrap­po­po­la­mento è, per l’appunto, una favola. 

Quello che importa sono i con­trac­colpi di un sistema indu­striale basato sugli ogm sulle eco­no­mie, sulle popo­la­zioni e sulle cul­ture locali. 

E que­sto impatto risulta essere, secondo gli studi effet­tuati da Nav­da­nya e da molte altre orga­niz­za­zioni che lavo­rano fuori dai labo­ra­tori e diret­ta­mente sul campo, non equo, non eco­lo­gico, non soste­ni­bile. 

A gua­da­gnarci sono ancora una volta i pochi, a per­derci i molti.

Que­sta sche­ma­tica ana­lisi vuole solo dimo­strare quanto i feno­meni siano inter­con­nessi e come leg­gere un arti­colo sulla valenza della ricerca scien­ti­fica tran­sge­nica può essere inte­res­sante in se stesso ma non esau­stivo. 

La ricerca scien­ti­fica deve essere al ser­vi­zio dell’umanità e non vice­versa. 

Quando ciò acca­drà anche nel set­tore agri­colo, a bene­fi­cio di con­ta­dini e con­su­ma­tori e non delle mul­ti­na­zio­nali, Van­dana Shiva sarà, con tutta pro­ba­bi­lità, la prima per­sona ad esultarne.

 

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