Articolo pubblicato con questo titolo il 26 settembre 2014 sul sito www.greenreport.it. Verrebbe proprio da dire che tra dire e il fare c’è di mezzo il mare e che tra il discorso di Renzi al Climate Summit Onu e la realtà dello Sblocca Italia c’è di mezzo l’Oceano Atlantico, che è più o meno quello che denunciano oggi in un comunicato congiunto Wwf, Legambiente e Greenpeace. Secondo le tre grandi associazioni ambientaliste, «Il miraggio di un Texas nostrano, retaggio del secolo scorso, più che l’incubo attuale dell’inquinamento da petrolio dopo l’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon del Golfo del Messico del 2010, convince il Governo Renzi a considerare “strategiche” (senza alcuna distinzione) tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi: diminuendo l’efficacia delle valutazioni ambientali, emarginando le Regioni e forzando sulle norme che avevano dichiarato dal 2002 off limits l’Alto Adriatico, per il rischio di subsidenza». Per questo gli ambientalisti chiedono ai membri della Commissione ambiente della Camera dei deputati di «decidere per l’abrogazione dell’art. 38 del decreto legge Sblocca Italia n. 133/2014». Wwf, Legambiente e Greenpeace osservano che, «nonostante le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi al Summit Onu sul cambiamento climatico del 23 settembre sulla necessità di impegni precisi per tenere sotto controllo la febbre del Pianeta, l’Italia stenta a definire una roadmap per la decarbonizzazione. Punto di riferimento delle politiche governative è ancora la SEN – Strategia Energetica Nazionale – mai sottoposta a Valutazione Ambientale Strategica, nella quale viene presentata una stima di 15 miliardi di euro di investimento (un punto di PIL!) e di 25 mila nuovi posti di lavoro legati al rilancio delle estrazioni degli idrocarburi in Italia. Sono gli stessi dati che vengono ancora oggi usati dal Governo Renzi». Eppure è noto da tempo che il petrolio italiano è poco e di scarsa […]