Articolo di Tomaso Montanari pubblicato il 3 settembre 20134 su “Il Fatto Quotidiano” e sul sito www.eddyburg.it (http://www.eddyburg.it/2014/09/prove-tecniche-di-sblocca-italia.html).
L’articolo riguarda le scuderie di Augusto, un sito archeologico di Roma emerso sotto il lungotevere dei Tebaldi a largo Lorenzo Perosi, all’angolo tra via Giulia e via della Moretta, nel VII rione Regola.
Il sito è stato individuato nel 2009, durante le indagini archeologiche per concedere l’autorizzazione ai lavori di costruzione di un parcheggio sotterraneo da 366 posti dell’impresa CAM.
La scoperta, di notevole rilevanza secondo la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, ha portato diverse realtà a sostenere l’autorizzazione della costruzione del parcheggio con modifiche solo a fronte di una proposta di musealizzazione, accolta nel 2011 da parte della Soprintendenza.
Gli scavi a settembre del 2011
Nel 2014, a causa della grave mancanza di fondi dovuta alla revisione della spesa pubblica, il progetto di musealizzazione è stato accantonato a favore della scelta di rinterrare nuovamente gli scavi per preservarli sotto a oltre 7.000 m2 di sampietrini.
Al di sopra del sito si vorrebbe ora far sorgere un complesso edilizio con un palazzo di 4 piani.
La società titolare del previsto parcheggio ha presentato un project financing per realizzare sull’area un albergo di lusso, decine di appartamenti tra i 45 e i 150 metri quadrati, un “urban center” da 1.900 metri quadrati con uno spazio convegni da 120 posti.
Il tutto dovrebbe servire a finanziare la musealizzazione dell’importante sito archeologico, che sarebbe inglobato negli edifici.
Una proposta discutibile sotto molti punti di vista, a partire dal fatto che aggiungere nuove strutture nel cuore del centro storico vuol dire aumentare i carichi urbanistici e rendere tra l’altro perfettamente inutile la realizzazione dei parcheggi, dato che aumentando il numero dei residenti e anche quello degli utenti delle nuove strutture, si avrebbe un corrispondente aumento della domanda di sosta.
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Nel cuore di Roma, prove tecniche di Sblocca Italia: ovvero come vanificare una scoperta archeologica, negare il verde pubblico, calpestare la volontà popolare in nome di un maxi-parcheggio (non del tutto) sotterraneo.
Gli scavi a marzo del 2013
Firmato: giunta Marino e ministero per i Beni culturali.
È questa, in estrema sintesi, la prospettiva che si sta concretizzando per un pezzo di una delle vie più famose, belle e importanti del mondo.
Qui l’aborto di uno sventramento fascista (1931) aveva lasciato in eredità un vuoto, che la fantasia degli amministratori romani non ha saputo riempire se non progettando di murarci un gran cubo porta-macchine. I saggi di archeologia preventiva della soprintendenza statale hanno portato, però, a scoperte (di edifici di età augustea: un quartiere termale e soprattutto una rarissima stalla dei cavalli che correvano al circo) che “consentono un sostanziale avanzamento della conoscenza della topografia antica del Campo Marzio e potranno costituire d’ora in avanti un sicuro riferimento per la storia dello sviluppo urbano antico” (così la relazione finale degli scavi).
In un paese normale che si farebbe?
Si accoglierebbe finalmente la richiesta dei residenti, che vorrebbero un giardino, e si troverebbe il modo di tenere insieme il verde e l’archeologia. Invece a Roma no: nonostante le severe prescrizioni dell’altra soprintendenza (quella comunale) e del Dipartimento urbanistica del Comune stesso, il 3 luglio scorso la Giunta approva la variante del parcheggio interrato (che poi interrato non sarà).
Con la conseguenza che la rampa di accesso dal lungotevere costituirà una profonda trincea, invalicabile dai pedoni, e verrà compromessa la continuità dell’asse tra i rioni Trastevere e Regola.
Né sarà più possibile vedere i reperti, che in parte saranno riseppelliti, in parte trasferiti altrove (!).
Non c’è da stupirsi se il 9 agosto scorso due associazioni (Coordinamento Residenti Città Storica e Cittadinanzattiva Lazio) hanno formalmente diffidato il sindaco “a non rilasciare il permesso a costruire del parcheggio interrato”.
Anche il buon senso lo diffiderebbe.
Riferimenti Vedi, su eddyburg, l’articolo di Paolo Grassi del 27 dicembre 2004, quello di Anna Rita Cillis del 17 febbraio 2013 e quello di Tomaso Montanari del 9 marzo 2013, ripresi dalla stampa nazionale nonché, su carteinregola, la documentata nota di Paolo Gelsomino, del 18 agosto 2014
Dott. Arch. Rodolfo Bosi