lo stop a dehors e bancarelle prescritto nel “Tridente del Centro Storico” dal decreto di vincolo monumentale che lo tutela

 

Logo Comune Roma Ai sensi della lettera g) del 4° comma dell’art. 10 del D.Lgs. n. 42 del 22 febbraio 2004, con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, sono comprese tra i beni culturali “g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico”, su cui il successivo art. 52 disciplinava l’ “Esercizio del commercio in aree di valore culturale”.

Come si dirà più avanti, ai sensi del suddetto dettato normativo è stato avviato e concluso un procedimento di imposizione del vincolo monumentale del cosiddetto “Tridente del Centro Storico” di Roma.

Il 1° comma del suddetto art. 52, così come modificato dall’art. 2 del D..lgs. n. 62 del 2008, dispone testualmente: “Con le deliberazioni previste dalla normativa in materia di riforma della disciplina relativa al settore del commercio, i comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio.

Immagine.Colosseo

 Negli ultimi anni è sempre più frequente e rilevante nel dibattito pubblico – ed é oggetto di sempre più intensa attenzione da parte dei media – la questione della compatibilità tra le attività commerciali all’aperto e ambulanti, di diversi genere e tipologia, e le esigenze di tutela e di adeguata qualità della valorizzazione del patrimonio culturale.

Desta in particolare crescente preoccupazione l’esercizio diffuso e talora incontrollato di attività commerciali, nonché di attività ambulanti di varia natura e tipologia, nell’ambito di aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, specie in quelle contermini ai complessi monumentali e agli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti.

L’esercizio delle attività sopra menzionate può determinare la compromissione delle esigenze di tutela del patrimonio culturale, in quanto potenzialmente configgente, oltre che con la corretta conservazione e protezione, anche con la salvaguardia dell’aspetto e del decoro dei beni e del significato culturale da essi espresso e rappresentato.

Per tali motivi l’allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali (in sigla MIBAC) Lorenzo Ornaghi ha emanato la Direttiva del 10 ottobre 2012 sul decoro, diretta al Segretariato Generale, alle Soprintendenze competenti per territorio ed alle Direzioni Regionali che debbono provvedere:

– “alla redazione di una prima ricognizione dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nelle cui adiacenze vengano esercitate attività commerciali e artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonché qualsiasi altra attività potenzialmente lesiva delle esigenze di tutela e valorizzazione”;

alla ricognizione, con riferimento ai medesimi complessi e immobili, degli eventuali provvedimenti di divieto di commercio su aree pubbliche adottati dai Comuni, sentiti i Soprintendenti, ai sensi dell’articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio;

 – alla rilevazione, sulla base di una prima sommaria valutazione, delle eventuali ulteriori esigenze di tutela e di valorizzazione dei beni in argomento, che non possono essere adeguatamente soddisfatte mediante la sola puntuale applicazione delle misure già in vigore.

Ai sensi dell’articolo 52 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio compete ai Comuni, sentito il Soprintendente, l’individuazione delle aree in cui vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio: gli Uffici del MIBAC si adopereranno quindi al fine di sollecitare l’esercizio da parte delle Amministrazioni locali dei poteri di regolamentazione del commercio sulle aree in argomento, ma dovranno valutare al tempo stesso la necessità di adottare appositi provvedimenti di tutela, nell’esercizio dei poteri previsti dalla Parte seconda del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

In tale prospettiva, gli strumenti utilizzabili appaiono essere sostanzialmente i seguenti due.

Disposizioni di divieto di usi non compatibiliDalla lettura ed applicazione della prescrizione dettata dalla lettera g) del 4° comma dell’art. 10 del Codice di Beni Culturali e del Paesaggio, sopra richiamata,  discende che “in ogni caso anche tutte le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi urbani per i quali non sia stato emanato un puntuale provvedimento di vincolo, ma appartenenti a soggetti pubblici e realizzate da oltre settanta anni, sono comunque sottoposte interinalmente all’applicazione del regime di tutela della Parte Seconda del Codice (e, quindi, anche alle previsioni del citato art. 20, comma 1), fino a quando non sia effettuata la procedura di verifica dell’interesse culturale di cui all’articolo 12 del Codice. Ne discende altresì, secondo i noti principi, che l’applicazione del regime speciale di tutela potrà cessare unicamente a seguito di svolgimento della procedura di verifica dell’interesse culturale con esito negativo. Tali conclusioni, oltre a risultare dall’inequivoco disposto normativo, sono altresì supportate dagli orientamenti espressi dalla giurisprudenza, anche costituzionale.”

La Direttiva afferma che “sulla scorta di quanto precede, appare necessario che i competenti Uffici del MIBAC adottino, con riferimento alle aree pubbliche contermini ai complessi monumentali e agli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione” e che “in tale prospettiva è da ritenere che tra tali usi non ammessi possano rientrare a pieno titolo, sulla base delle valutazioni da rendere caso per caso, sia le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale (come le attività ambulanti senza posteggio), sia, ove se ne riscontri la necessità, l’uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico.

 I competenti Organi periferici dovranno, peraltro, indicare motivatamente quali usi del bene siano da ritenere non compatibili con le esigenze di tutela e di valorizzazione, specificando, tra l’altro, secondo quanto fin qui si è detto, se siano vietate solo le attività ambulanti senza posteggio o tutte le attività commerciali con concessione di posteggio o anche tutte le occupazioni di suolo pubblico a qualunque titolo. Siffatti apprezzamenti tecnico-discrezionali, riservati alle competenze di gestione degli organi periferici a ciò preposti, dovranno naturalmente obbedire ai fondamentali principi di ragionevolezza e di proporzionalità.”

Adozione di prescrizioni di tutela indirettaLa Direttiva dispone che “sotto diverso profilo, verrà presa in considerazione l’adozione, rispetto alle aree non assoggettate di per sé a tutela, ma costituenti la cornice ambientale di beni culturali direttamente tutelati, di prescrizioni di tutela indiretta, ai sensi dell’articolo 45 del medesimo Codice. Ciò allo specifico fine di impedire che – specie mediante l’installazione di posteggi, banchetti o strutture stabili o precarie di varia natura e tipologia – sia pregiudicata la visuale dei beni direttamente vincolati ovvero ne siano “alterate le condizioni di ambiente e di decoro“.

Ai sensi del richiamato art. 45 “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”.

Il 5 maggio 2013 è scaduto il termine previsto dalla Direttiva Ornaghi per liberare le aree storiche da bancarelle e camion bar, ma del Tavolo di lavoro tra Campidoglio e Sovrintendenza, che doveva una volta per tutte risolvere la situazione e che è iniziato un anno fa, non si è saputo più nulla, o meglio, non ha prodotto alcun provvedimento rimandando di fatto la decisione a dopo le elezioni.

Il cosiddetto “Decreto-Legge Cultura” n. 91 dell’8 agosto 2013 è stato convertito con modifiche ed integrazioni nella Legge n. 112 del 7 ottobre 2013 con modifiche ed integrazioni, che hanno introdotto l’art. 2-Bis con cui il titolo dell’art. 52 è diventato “Esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali” ed al suddetto comma 1 è stato aggiunto il seguente comma 1.bis :

1-Bis. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7-bis, i comuni, sentito il soprintendente, individuano altresì i locali, a chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attività di artigianato tradizionale e altre attività commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione dell’identità culturale collettiva ai sensi delle convenzioni UNESCO di cui al medesimo articolo 7-bis, al fine di assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto della libertà di iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione”.

Il successivo art. 4-Bis della legge n. 112/2013 ha aggiunto all’art. 52 un ulteriore comma, classificato sempre come 1_Bis:

1-Bis. Al fine di contrastare l’esercizio, nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, di attività commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessità di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonché delle aree a essi contermini, le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e le soprintendenze, sentiti gli enti locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attività ambulanti senza posteggio, nonché, ove se ne riscontri la necessità, l’uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico.

La legge n. 112/2013 permette anche al Comune di Roma di restringere le limitazioni sui camion bar e sui banchetti ambulanti di bibite e bevande che, vivendo di turismo, invadono le aree monumentali della città. 

A tutti coloro che continuano a sostare incuranti sulle strisce o sui marciapiedi possono ora essere contestati il degrado urbano e le infrazioni del codice della strada: su questi aspetti il dibattito è acceso da anni, con la Soprintendenza in prima fila nella guerra a quelle 68 concessioni rilasciate dal Campidoglio che sembrano ancora intoccabili.

Ma ora non possono esserci più scuse, perché chi prima voleva intervenire e non poteva, ora può.  

La modifica apportata con l’articolo 4-bis della legge n. 112/2013, firmato dal senatore del Pd Raffaele Ranucci, consentirà – se la volontà non manca – di rivoluzione un settore “blindato” ma già pronto alle proteste.

Alfiero Tredicine,  figlio del primo caldarrostaro di Roma nonché capostipite dell’impero dei camion bar, zio del Giordano che è stato vice assessore alle Politiche sociali nella Giunta Alemanno e che è ora un semplice consigliere comunale di opposizione, ora presidente di APRE Roma – Confesercenti , ha accusato il cosiddetto “Decreto Cultura” di essere “nient’altro che una fotocopia di quella dell’86” dal momento che “la legge Galasso, del 1986 aveva la stessa identica funzione di dettare le direttive in termini di decoro e salvaguardia dei monumenti”: a suo giudizio il “Decreto Cultura”  attesta “la pressione dei poteri forti” ed è ad ogni modo un colpo basso delle multinazionali ai “commercianti della tradizione”.

Immagine Giordano Tredicine

Alfiero Tredicine si è difeso dall’accusa di fatturare milioni pagando pochi spiccioli di suolo pubblico ed ha negato bollando come “solo dicerie” gli scontrini rilasciati una tantum e le autorizzazioni irregolari.

Immagine scontrini Tredicine

La legge 112/2013 consente alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, di concerto con la Soprintendenza e ascoltati gli enti locali, di individuare le aree pubbliche con valore di pregio archeologico e paesaggistico che per gli ambulanti saranno off limits.

Ma prima ancora della entrata in vigore della legge 112/2013, in applicazione della Direttiva del Ministro Ornaghi del 10 ottobre del 2012 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di  Roma il 24 maggio 2013 ha proposto la tutela del cosiddetto “Tridente del Centro Storico” di Roma ai sensi della lettera g) del 4° comma dell’art. 10 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, che si è alla fine concretizzata il 17 settembre 2013 con  la emanazione da parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio del Decreto di tutela del Tridente del Centro Storico di Roma.

Immagine tridente centro storico

Per assicurare il decoro dei complessi architettonici sottoposti a vincolo monumentale interessati da fluissi turistici rilevanti, l’Arch. Federica Galloni ha prescritto per gli assi stradali del Tridente del Centro Storico “di escludere tutte le forme d’uso del suolo pubblico a fini commerciali con il posizionamento di strutture stabili e/o precarie di varia natura e/o tipologia.”

Immagine pianta Tridente centro storico

Del Decreto sul Tridente del Centro Storico di Roma è stata data notizia sulla cronaca di Roma del quotidiano La Repubblica del 14 novembre 2013 con un articolo che riporta anche la dichiarazione del Presidente della IX Commissione Commercio del Comune di Roma Orlando Corsetti che per dare risposta all’interrogativo se il divieto di occupazione di suolo pubblico debba riguardare anche i dehors di bar e ristoranti ha detto di aver “convocato una commissione proprio per capire come debba essere interpretato il decreto”  dal momento che “è indispensabile avviare un dialogo perché se questa prescrizione fosse stringente scomparirebbero quelle attività autorizzate da decenni, ma soprattutto i tavoli in tutte le loro caratteristiche”.

Immagine. piazza del Popolo

Il problema che si pone il Presidente Corsetti riguarda la retroattività o meno del decreto, che  dovrebbe comunque comportare una verifica della validità di tutte le concessioni rilasciate per occupazioni permanenti al fine di stabilire in collaborazione con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio se si possano considerare un “diritto acquisito”.

Immagine via Ripetta

A questo stesso riguardo l’Assessore per Roma Produttiva Marta Leonori ha fatto sapere che “il decreto è un atto dovuto” e che “così si avvia il procedimento che riattiva il tavolo sul decoro, tanto che a giorni sarà firmato il protocollo per far partire la collaborazione per verificare l’attuazione di questo ed altri provvedimenti”.

Il suddetto decreto dovrebbe comunque comportare, unitamente alla Direttiva del 10 ottobre 2013, una necessaria modifica di adeguamento del Regolamento in materia di occupazione di suolo pubblico (OSP) e del canone (COSAP), comprensivo delle norme attuative del P.G.T.U. (cioè del Piano Generale del Traffico urbano), approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 75 del 30/31 luglio 2010, di cui si dirà domani in uno specifico articolo.

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