Editoriale di Giorgio Nebbia E’ abbastanza curioso che, mentre si moltiplicano i segni del malessere ambientale in Italia, così poco spazio sia riservato alla lotta a tale malessere nei programmi governativi, se si eccettuano qualche promessa di stanziamenti di un po’ di soldi per rimediare i disastri dovuti alle frane e alle alluvioni o una generica promessa di rimuovere un po’ di rifiuti tossici nella ormai famosa “terra dei fuochi” della Campania. Eppure le cose da fare sarebbero tante e tutte offrirebbero occasione per raggiungere il principale obiettivo del paese: più lavoro per tutti. Una delle priorità è certo quella di diminuire i crescenti danni dovuti al dissesto idrogeologico, aggravati dalle bizzarrie climatiche, attraverso azioni decise e lungimiranti sia per il controllo delle vie di scorrimento delle acque. Non basta alzare gli argini dei fiumi, perché anche tali argini sono facilmente scavalcati dalle acque delle piene, quando gli alvei non ce la fanno più, non hanno più spazio per contenere le acque. Bisogna piuttosto vigilare su fiumi e torrenti per eliminare continuamente gli ostacoli che si sono accumulati e continuano ad accumularsi in seguito all’erosione del suolo nelle valli e colline e montagne, e bisogna frenare tale erosione con una politica di rimboschimento, come avveniva prima che il territorio fosse considerato soltanto spazio su cui costruire nuovi edifici e strade e ponti. Opere che, fuori di una pianificazione ispirata ad una vera cultura ecologica, diventano loro stesse ostacoli al moto delle acque verso il mare e quindi cause delle sempre più frequenti alluvioni. Quelle che ho chiamato bizzarrie climatiche sono in realtà la conseguenza del riscaldamento planetario dovuto al crescente inquinamento dell’atmosfera. Qualsiasi emissione gassosa proveniente dai camini delle centrali e delle fabbriche, dai tubi di scappamento degli autoveicoli o dalle putrefazioni dei rifiuti, anche in un piccolo paese come […]