La sperimentazione animale (o vivisezione) è un metodo di ricerca che fa uso di animali vivi per lo sviluppo delle conoscenze biomediche: a causa delle leggi esistenti, ogni nuova sostanza ed ogni nuova cura devono essere testate su animali prima dell’immissione sul mercato. La ricerca sperimentale condotta su animali ha però rivelato di essere inutile se non addirittura fuorviante e dannosa, in quanto basata su un errore metodologico che è quello di considerare gli animali come dei modelli attendibili dell’uomo: ogni specie animale non può essere invece che modello di se stessa e le corrispondenze tra due specie possono essere verificate soltanto “a posteriori”. La sperimentazione animale reca dunque danno all’uomo in due modi: 1) fa in modo che si sperimentino sull’uomo sostanze che non hanno subito alcun vaglio preventivo (poiché, come sopra detto, le prove su animali non danno risultati utili all’uomo, neanche orientativamente); ogni specie reagisce in modo diverso (perfino i ratti e i topi, specie strettamente imparentate fra loro, offrono risposte differenti tra di loro nel 43% dei casi); una conseguenza è che le malattie iatrogene (derivate dalle terapie) rappresentano la quarta causa di morte nei paesi industrializzati; 2) si corre il rischio di scartare sostanze di grande aiuto per l’uomo, per il solo fatto che sono risultate tossiche per qualche specie animale. La vivisezione è comunque condannabile anche dal punto di vista etico, in quanto esempio estremo di comportamento antropocentrico e specista (volto ad assumere la superiorità della specie umana su tutte le altre), gravemente lesivo nei confronti di tutti i diritti. La vivisezione è un crimine in qualsiasi modo si tenti di giustificarla: che la si compia credendo di “fare il bene dell’umanità” o che la si compia, come spesso avviene, solo per interessi personali e di carriera. Secondo le statistiche si stima che nel mondo ogni anno vengano immolati circa 500 milioni di animali nei […]