Le modifiche apportate dal decreto “del fare” al Testo Unico in materia edilizia

mezzi-impresa-for-web-12010 Dal 21 agosto 2013 è entrata  in vigore la legge n. 98 del 9 agosto 2013, che è stata pubblicata sul supplemento ordinario n. 63 della Gazzetta ufficiale n. 194 del 20 agosto 2013 e che riguarda la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.Si tratta della conversione in legge del cosiddetto decreto-legge “Del fare” che riporta tutte le modifiche introdotte in sede di iter parlamentare: il provvedimento contiene importanti misure di interesse per il settore delle costruzioni anche in materia di edilizia, ambiente e paesaggio.

Con l’art. 30 del decreto-legge nel testo convertito definitivamente in legge sono state apportate le seguenti modifiche alle norme contenute nel D.P.R. n. 380/2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

Dopo l’articolo 2, che è relativo alle “Competenze delle regioni e degli enti locali”, è stato aggiunto l’art. 2-bis con valenza di legge, che riguarda le “Deroghe in materia di limiti di  distanza  tra Fabbricati” ed ha il seguente testo: “1. Ferma restando la competenza statale  in  materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative,  le regioni e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni  derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono  dettare  disposizioni  sugli  spazi   da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi,  a  quelli  riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque  funzionali a  un  assetto  complessivo  e  unitario  o  di  specifiche  aree territoriali”.

Consente quindi anche alla Regione Lazio di derogare dai cosiddetti “standard urbanistici” con proprie leggi e regolamenti

La lettera d) del 1° comma dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 è relativa alla definizione degli “interventi di ristrutturazione edilizia” intesi nel testo previgente come “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.

La legge n. 98/2013 modifica la lettera d) nel modo seguente: “d)  interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso  la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo  che,  con  riferimento  agli  immobili sottoposti a vincoli ai sensi  del  decreto  legislativo  22  gennaio

2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto  ove  sia  rispettata  la  medesima  sagoma  dell’edificio preesistente”.

Tranne che per gli immobili soggetti a vincolo storico-monumentale o paesaggistico, viene dunque eliminato il vincolo della sagoma come prescrizione necessaria ai fini dell’inquadramento degli interventi di demolizione e ricostruzione nella categoria edilizia della ristrutturazione edilizia

Al 4° comma dell’art. 6 del D.P.R. n. 380/2011, che è relativo alla “Attività edilizia libera” è stato soppresso il testo secondo cui il tecnico abilitato “dichiara preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente”.

La lettera c) del 1° comma dell’art. 10 subordina a permesso di costruire “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso”.

La legge n. 98/2013 modifica la lettera c) nel modo seguente: “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino  modificazioni  della  sagoma  di  immobili sottoposti a vincoli ai sensi  del  decreto  legislativo  22  gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni

L’integrazione del testo così come è stata apportata appare equivoca se non addirittura in contrasto con la precedente integrazione della lettera d) del 1° comma dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, che per gli immobili sottoposti a vincoli obbliga al rispetto della “medesima  sagoma  dell’edificio preesistente”, mentre ora si parla all’opposto di interventi che comportino  modificazioni  della  sagoma  di  immobili sottoposti a vincoli“.

Viene soppresso del tutto il comma 10 dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001 che testualmente disponeva: “10. Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all’amministrazione comunale, il competente ufficio comunale acquisisce il relativo assenso nell’ambito della conferenza di servizi di cui al comma 5-bis. In caso di esito non favorevole, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto”.

Per rendere coerente il testo precedente con la suddetta soppressione, dal comma 8 dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001 viene soppresso il riferimento alle disposizioni di cui anche al comma 10.

Il comma 9 dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001 disponeva testualmente: “9. Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, decorso il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.

Viene ora sostituito del tutto dal seguente testo: “9. Qualora l’immobile oggetto  dell’intervento  sia sottoposto a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, il termine di  cui  al comma 6 decorre  dal  rilascio  del  relativo  atto  di  assenso,  il procedimento è concluso con l’adozione di un provvedimento espresso e si applica quanto previsto dall’articolo 2  della  legge  7  agosto 1990,  n.  241, e  successive  modificazioni. In  caso  di  diniego dell’atto di assenso,  eventualmente  acquisito in conferenza di servizi, decorso il termine per l’adozione del provvedimento  finale, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende respinta.

Il responsabile del procedimento trasmette al  richiedente il provvedimento di diniego dell’atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui é acquisito agli atti, con le indicazioni  di  cui all’articolo 3, comma  4,  della  legge  7  agosto  1990,  n.  241  e successive modificazioni.  Per  gli  immobili  sottoposti  a  vincolo paesaggistico, resta fermo quanto previsto dall’articolo  146,  comma 9, del decreto legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42  e  successive modificazioni.

Il citato comma 9 dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, testualmente dispone: ”9. Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente può indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. Con regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 dicembre 2008, su proposta del Ministro d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 20, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.”

Al 2° comma dell’art. 22 del D.P.R. n. 380/2001, che riguarda gli “Interventi subordinati a denuncia di inizio attività” (cosiddetta D.I.A.), dopo  le  parole  “non  alterano  la sagoma dell’edificio” sono aggiunte le seguenti: “qualora  sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42  e successive modificazioni.

Dalla suddetta aggiunta deriva che con semplice D.I.A. può essere alterata e comunque modificata la sagoma di tutti gli edifici che non siano sottoposti a vincolo.

Dopo l’articolo 23, che detta la disciplina della denuncia di inizio attività, è aggiunto il seguente articolo 23-bis che riguarda le “Autorizzazioni  preliminari  alla segnalazione certificata di inizio attività’ e alla comunicazione dell’inizio  dei lavori”: “1. Nei casi  in  cui  si  applica  la  disciplina  della segnalazione certificata di inizio attività di cui  all’articolo  19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prima  della  presentazione  della segnalazione, l’interessato può richiedere allo sportello  unico di provvedere all’acquisizione di tutti gli atti  di  assenso,  comunque denominati, necessari per l’intervento edilizio, o presentare istanza di acquisizione dei medesimi atti  di  assenso  contestualmente  alla segnalazione. Lo portello unico comunica tempestivamente all’interessato l’avvenuta acquisizione degli  atti  di  assenso.  Se tali atti non vengono acquisiti entro il termine di cui all’articolo 20, comma 3, si applica quanto previsto dal comma 5-bis del  medesimo articolo.

2.  In  caso  di  presentazione  contestuale   della   segnalazione certificata di inizio attività e  dell’istanza  di  acquisizione  di tutti  gli  atti  di  assenso,  comunque  denominati,  necessari  per l’intervento edilizio, l’interessato può dare inizio ai lavori  solo dopo la comunicazione da parte dello sportello unico  dell’avvenuta acquisizione dei medesimi atti di assenso o dell’esito positivo della conferenza di servizi.

  3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, si applicano  anche  alla comunicazione dell’inizio dei lavori di cui all’articolo 6, comma 2, qualora siano necessari atti di assenso, comunque denominati, per  la realizzazione dell’intervento edilizio.

4. All’interno delle zone omogenee A di cui al  decreto  del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968,  n.  1444,  e  in  quelle equipollenti secondo l’eventuale diversa denominazione adottata dalle leggi  regionali,   i   comuni   devono   individuare   con   propria deliberazione, da adottare entro il 30 giugno  2014,  le  aree  nelle quali non  é  applicabile  la  segnalazione  certificata  di  inizio attività per interventi di demolizione  e ricostruzione, o per varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma. Senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, decorso tale termine e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione di cui al primo periodo é adottata da un Commissario  nominato  dal  Ministro  delle infrastrutture e dei trasporti. Nelle restanti aree interne alle zone omogenee A e a quelle equipollenti di cui al primo periodo,  gli interventi cui e’ applicabile la segnalazione certificata  di  inizio attività non possono in ogni  caso  avere  inizio  prima  che  siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione.

Nelle more dell’adozione della deliberazione di cui al primo  periodo e comunque in sua assenza, non trova  applicazione per le  predette zone omogenee  A la segnalazione certificata di inizio  attività con modifica della sagoma”

Con l’art. 39 sono state apportate le seguenti modifiche in materia di autorizzazione paesaggistica.

Al 4° comma dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 è stato aggiunto il seguente periodo: “Qualora i  lavori  siano  iniziati  nel  quinquennio,  l’autorizzazione  si considera efficace per tutta la durata degli stessi”.

L’ultimo periodo del successivo 5° comma dell’art. 146 (“e,  ove  non  sia  reso entro il termine di novanta giorni dalla  ricezione  degli  atti,  si considera favorevole”) è stato sostituito dal seguente: “ed é reso nel rispetto  delle   previsioni   e   delle   prescrizioni   del   piano paesaggistico,  entro  il  termine  di  quarantacinque  giorni  dalla ricezione degli atti, decorsi i  quali  l’amministrazione  competente provvede sulla domanda di autorizzazione”.

 

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